Indemoniate - la soglia

Trieste Indemoniate 010 LdA

drammaturgia Giuliana Musso, Carlo Tolazzi
con Sandra Cosatto, Marta Cuscunà, Riccardo Maranzana, Federico Scridel, Massimo Somaglino Fabiano Fantini
elementi scenografici Belinda DeVito
elaborazioni musicali e luci Claudio Parrino
regia Massimo Somaglino

 


In prosecuzione con lo spirito di una scena della memoria e di impegno civile, anche il nuovo spettacolo del Teatro Club Udine “Indemoniate”, confortato dalla co-produzione con il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, prende spunto da un episodio della storia locale, non molto noto ai più, ma che ha già offerto materia di indagine a Luciana Borsatti, in un suo saggio del 1989, suggestioni narrative allo scrittore salernitano-triestino Pietro Spirito, per un suo rifacimento romanzato del 2000, e perfino materiale da video documentazione al regista Giampaolo Penco.
Si tratta dello straordinario caso di possessione collettiva che esplose in Carnia, nel paesino di Verzegnis, nella primavera del 1878, come una vera e propria epidemia istero-demonopatica che coinvolse dapprima sette ragazze e poi, in poche settimane, si estese a una quarantina di donne, maritate e anziane. Le crisi si verificarono a intervalli irregolari per tutto un anno, comportando deliquio, contorsioni, urla, imprecazioni, riso isterico, emissione di suoni animali. Vanamente contrastato dalla Chiesa con benedizioni, preghiere e, da ultimo, anche esorcismi, variamente classificato (stregoneria per la comunità; possessione diabolica per il clero; malattia isterica per la scienza e lo Stato), il fatto poteva trovare la sua controversa origine in un concorso intrecciato di fattori, dal localismo religioso al malessere femminile, dal confronto con la nuova collocazione nel neonato Regno d’Italia all’esasperazione per una mortalità infantile in forte aumento.
Di fatto, nell’impotenza a decifrare il codice oscuro di quella nevrosi collettiva che metteva in crisi scienza, religione e istituzioni, il rimedio adottato fu quello della repressione e della forza. Metodi autoritari che raggiunsero il loro acme con l’internamento coatto, su provvedimento prefettizio, di 17 donne, condotte da esercito e carabinieri nel manicomio di Udine.
E’ dunque una storia di contrasti, che dalla fine dell’Ottocento possono riverberarsi anche sul presente e favorirne una lettura laterale e alternativa o coglierne le latenti contraddizioni, aperte a un gioco di chiaroscuri tra ragione follia, potere ed emersione anarchica del profondo, cosmos e caos, spirito apollineo e dionisiaco e –volendo- principio maschile di ordine e impulso femminile di ribellione e protesta.

Cronistoria di uno spettacolo
Il carattere magmatico dell’enigmatica e inquietante vicenda ha implicato da sé un’analoga fluidità di percorso teatrale, a suo modo anomalo e senza reti preliminari di protezione.
Perciò il gruppo artistico di lavoro, che si è raccolto nel 2005 intorno alla fascinazione dell’argomento, ha deciso di adottare dapprima una metodologia laboratoriale e itinerante, con approcci graduali e flessibili a questo materiale scostante e sfuggente come un “mistero”, in cui penetrare con l’attrezzatura pluridisciplinare degli strumenti più diversi (storico, antropologico, medico, religioso, politico) e con lo scopo di esaurirne le tante possibili stratificazioni di senso.
E’ stato un lavoro di lunga gestazione che, nella prima fase dell’estate del 2006, il gruppo ha condotto in 8 tappe, in cui di volta in volta, secondo un metodo “maieutico” e della sperimentazione permanente, sono state costruite le singole tessere del complesso mosaico. Ora, al capolinea di questo percorso, lo spettacolo compiuto che ne è derivato si presenta come il felice punto di arrivo anche di una originale procedura di metodo, che si è concessa un lungo arco di tempo, per discutere, trovare soluzioni e scorci, procedere per prove, rettifiche, verifiche e infine approdare a un esito di scena non improvvisata, di cui Giuliana Musso e Carlo Tolazzi hanno raccolto e strutturato le linee drammaturgiche definitive.
Più numerosi anche gli interpreti coinvolti con Massimo Somaglino in questa ultima puntata del progetto da Carro di Tespi, che continua ad avvalersi delle suggestioni musicali di Claudio Parrino e offre una scrittura scenica a più mani e più strati: Sandra Cosatto, Marta Cuscunà, Werner Di Donato, Federico Scridel, Giovanni Battista Storti. E nuovo soprattutto il sottotitolo – “la soglia”- nato da una fertile definizione data in prima battuta da Gian Paolo Gri. Sulla soglia, dunque: al di qua e al di là di un punto di non ritorno, lungo quella linea di confine tra conscio e non conscio, scienza e rito, controllo e sregolatezza, potere che reprime e trasgressione che grida. Una volta avvistata, quella linea mette ognuno di fronte alla verità del proprio essere, ne incrina le certezze ossificate, chiama in causa il profondo labirintico di sé. Tutti, anche in questa storia ripescata da poco dall’oblio: il prete, il medico Franzolini, il sindaco, il fool di paese, le famiglie, la comunità del villaggio. Tutti, tranne le “indemoniate”, che non hanno voce e volto, tacciono le loro ragioni a dispetto dello scoppio clamoroso dell’urlo, ma continuano a interrogarci e inquietarci a distanza anche sulla fondatezza della nostra identità civile ed esistenziale di uomini del Duemila.

La squadra
Il progetto è stato portato avanti dal gruppo di artisti che già da alcuni anni fanno riferimento al Teatro Club Udine e vi trovano una “casa” produttrice sensibile alle ragioni di un teatro civilmente motivato, non vincolato a mere logiche di mercato.
In scena, sono impegnati sei attori, per la regia di Massimo Somaglino, lui stesso in veste anche di interprete, insieme al supporto drammaturgico di Giuliana Musso e Carlo Tolazzi, all’elaborazione dell’immagine e delle scenografie di Belinda DeVito ed all’orchestrazione musicale di Claudio Parrino. Il coordinamento generale è affidato allo stesso Somaglino e alla autrice–attrice Giuliana Musso.
Prestigiose e di alto rigore scientifico, infine, le consulenze esterne che hanno accompagnato le tappe del lavoro: Giampaolo Gri, antropologo e studioso di tradizioni popolari dell’Università di Udine, Aldo Colonnello, poeta e cultore di storia del territorio, Pietro Spirito, giornalista e scrittore, Alberto Panza, psicologo, Giordano Bruno Traversa, ricercatore, psicoterapeuta e fondatore della disciplina Psychetrofica, Luciana Borsatti, giornalista dell’Ansa e ricercatrice, Donatella Cozzi, antropologa e studiosa di tradizioni popolari.
Conforta il gruppo, con supporto organizzativo-culturale, Angela Felice.