Laboratorio sul teatro d'indagine
Progetto Giovani a teatro, Fondazione Venenzia
Relazione conclusiva
Durata e luogo
Il laboratorio è iniziato a fine Novembre 2010 e si è concluso a metà Maggio 2011.
Sono stati tenute in totale 23 lezioni di almeno 5 ore ciascuna con orario 10-15. Tutte le lezioni si sono svolte a San Donà di Piave.
Partecipazione e frequenza
Ai partecipanti, al momento della prescrizione, è stata richiesta una lettera di motivazioni. Sono stati accolti per la prima lezione dimostrativa circa venti persone, se ne sono presentate una quindicina. Dopo quattro lezioni il gruppo si era stabilizzato e ridotto a una decina di persone. Tra queste sono state accolte tre persone in qualità di auditori (Paolo Piludu, Martina Pittarello e Marco Artusi), ma di fatto hanno svolto il loro lavoro quanto e meglio degli altri e hanno condiviso l’esito finale contribuendo con generosità alla coesione e alla preparazione di tutto il gruppo.
Gli altri partecipanti, per la maggioranza ragazze, provengono tutte dall’area territoriale di Padova-Venezia, sono studentesse con un forte interesse per il teatro o giovani lavoratrici nell’ambito psico-sociale che utilizzano varie tecniche teatrali a fini terapeutici di gruppo. Altre due ragazze svolgono attività teatrale semi-professionale e sono indirizzate ad un percorso di apprendistato e di formazione continua.
Per la maggior parte dei partecipanti, circa sei su dieci, la frequenza è stata molto discontinua a causa di impegni di lavoro e di studio. Non ritengo che la dislocazione del laboratorio a san Donà abbia influito negativamente sul problema della frequenza in quanto nessuno lo ha mai fatto presente.
Programma
Tutto il programma di studio previsto è stato rispettato.
Non sono stati invece organizzati incontri con esperti. Ho ritenuto più che sufficiente il carico di studio dei documenti e l’impegno di ciascuno sul fronte della ricerca autonoma di testimoni.
Ai primi di febbraio ci siamo recati in gruppo a Vicenza dove abbiamo visitato la nuova base militare in costruzione e il presidio dei cittadini. Abbiamo incontrato e intervistato gli ingegneri che si occupano delle analisi tecniche riguardo alla costruzione e all’impatto ambientale e le donne del “gruppo donne” che fin dal 2006 diedero vita alla protesta cittadina.
In aggiunta, ognuno dei partecipanti al laboratorio, a cui era stato assegnato un tema di studio individuale, ha provveduto a raccogliere testimonianze dirette inerenti al proprio campo di indagine.
Da febbraio in poi, ad ogni lezione, veniva richiesto agli allievi di condividere con gli altri il punto della propria indagine in una forma di presentazione orale.
Per favorire la comprensione del lavoro svolto durante le lezioni allego qui di seguito una pagina di appunti raccolti da Beatrice Sarosiek, che in aggiunta al suo valente lavoro di assistenza ha saputo anche impegnarsi personalmente nel percorso di studio.
APPUNTI INCONTRO DEL 2 FEBB. 2011
Ci si ponga la domanda: perché raccontiamo questa storia? La risposta non fa riferimento a motivazioni personali ma sempre al fine di senso rispetto ai contenuti.
Questa è la domanda da farsi in generale a cui non bisogna aspettarsi di avere risposta prima di arrivare ad uno stadio avanzato della ricerca.
Questa domanda deve guidare la ricerca in ogni singola parte e sezione. Rimanendo il più possibile aperta per non pre determinare il risultato.
Per ogni ambito di ricerca è necessario procedere per domande e risposte.
Non è la risposta che mi conduce al lavoro ma è il lavoro stesso che mi conduce alla risposta.
Mettersi al servizio di questo processo. Solo dopo avere attraversato questo processo di definizione dei contenuti io attore divento canale per comunicare e raccontare il risultato. E lo farò con il mio linguaggio, la mia presenza, il mio immaginario.
Essere al servizio del processo vuol dire anche non accontentarsi di un primo punto di vista. ad esempio: mentre parlo con un testimone già desidero parlare con un altro.
La domanda che mi devo continuamente porre è: che cosa mi rende legittimato a raccontare queste cose? E fare di conseguenza quello che sento che mi legittima, quello che mi autorizza. (assunzione di responsabilità)
Indicazione per tutti: non ti può legittimare il tuo mouse! Non basta. E neanche leggere la sbobinatura di una intervista fatta da un altro.
Evitare il computer per un po’.
Tema della guerra
A proposito dell’utilizzo del video (visti alcuni video su you tube che mostrano le azioni di guerra della 173esima in afganistan): le immagini video mi piacciono molto ma non mi bastano, credo di più al racconto. il mio racconto contiene sia il punto di vista del protagonista che il mio, li metto in relazione e questa relazione amplifica il potenziale narrativo e poetico.
Esempio: roberta biagiarelli ha raccontato di srebrenica e di falluja. È andata sul campo, dentro le situazioni per raccogliere le informazioni. La sua narrazione è più “vera” di un filmato, mi fornisce maggiori strumenti di comprensione razionale ed emotiva.
La storia che stiamo esplorando è priva di uno snodo drammatico, in altre parole “non c’è il morto”.
Proposta aperta: utilizzare il tema guerra come fil rouge parallelo alla narrazione. La guerra contiene il morto, è il “morto”.
Paolo propone Umberto come persona da intervistare.
Domanda di arianna: posso fare un racconto facendo in scena il soldato?
Risposta: sì, solo se sei in grado di prenderti carico di quella soggettiva. Se ti sei autorizzato… cosa sai della vita di un soldato?
Si può provare più facilmente a fare una soggettiva non realistica. Una soggettiva in cui non si pretende di farsi carico del personaggio intero ma che comprende anche e contemporaneamente il punto di vista del narratore, dell’interprete… compresenza: personaggio e attore
Quindi necessario trovare le testimonianze sulla guerra. Nel contemporaneo.
Sull’analisi del testo presentato da paolo e per tutti:
domanda: quando scrivevi ti sei immaginato di raccontarlo? Se sì, come? In piedi, seduto, in uno spazio preciso, ecc ecc.? e’ buona cosa provare a scrivere immaginando già l’azione teatrale del raccontare.
Far emergere il particolare che può rappresentare l’universale.
La forma impersonale è meno efficace di quella con un soggetto preciso. Es. “si cammina a passo veloce perché si sa dove si vuole andare” oppure “migliaia di persone camminano a passo veloce perché sanno dove vogliono andare”
In generale, nel racconto in forma scritta, bisognerebbe resistere alla tentazione di fare letteratura.
Anche per la storia del movimento no dal molin: perché le vogliamo raccontare? Questa storia ha un elemento epico e noi veniamo naturalmente attratti dall’epicità, perché? Essere consapevoli di questa attrazione fatale per non perdere lucidità. Chiedersi cosa le vicende del nodalmolin raccontano di me , della mia vita. Esempio: “alzare il culo dal divano per dire che non sono d’accordo” è un atto straordinario, un cambiamento di posizione molto forte…. A cosa mi conduce?
Non mitizzare a priori le manifestazioni e le azioni del comitato ma cercare di capirne il valore in una dimensione di “politica del privato”. Non innamorarsi della storia sulla fiducia. È necessario trattare questa materia esattamente come le altre di carattere più scientifico.
Consigli per paolo:
1. scegli i momenti salienti ed elencali
2. di ogni data fai il sunto
3. schematicamente fissa le immagini collegati ai vari momenti come se fossero appunti personali
4. a partire da questo schema improvvisi per ogni capitolo un breve racconto
arianna: continua la ricerca sugli effetti sulla salute dei militari reduci dalla guerra. Inteso come un filone a sé stante e autonomo che può dirci molto sulla guerra. Ci presenterà un breve resoconto anche parziale la prossima volta…
Chiara B. : per la prossima volta mettiti nella condizione di poter descrivere la base, anche parzialmente. A memoria i dati, all’improvviso la descrizione, in azione poi si lascerà emergere un ritmo o un’attitudine. Attenzione: non farsi paralizzare dalla mole di dati ma passare alla concreta presentazione di un elaborato, qualsiasi esso sia, con i dati già in possesso. Nella prova si verifica la validità del linguaggio e dei contenuti e poi, in un secondo tempo, si prosegue nella ricerca dei dati mancanti.
Conclusioni
Il 13 maggio 2011 al Teatro Aurora, il gruppo, composto dai dieci allievi e da me, ha presentato dieci diverse narrazioni sul caso della Base dal Molin. Diviso in due tempi il lavoro è durato due ore e mezza. La maggior parte dei testi è stata prodotta in autonomia dagli autori, ma riveduta, sintetizzata e corretta in più fasi sotto la mia supervisione. In tre casi invece ho voluto intervenire direttamente sulla composizione drammaturgia: si trattava dei pezzi che contenevano la maggiore mole di dati e di cronaca, elementi molto difficili da strutturare in narrazione.
Il lavoro di collegamento e montaggio tra un pezzo e l’altro si è svolto negli ultimi due giorni in teatro.
La partecipazione, l’attenzione e la generosità di tutti nelle ultime fasi del lavoro è stata ottima. Mi ritengo soddisfatta del percorso creativo di ciascun partecipante e dell’esito finale portato in scena dal gruppo.
Sono altresì soddisfatta del percorso di studio proposto, della validità del programma di studio e della coerenza tra metodo di ricerca e prodotto artistico.