Il mio adattamento per il teatro di Medea. Voci di Christa Wolf

Gruppo copy2

Incontrare oggi Medea di C.Wolfe' un’esperienza travolgente: una voce limpida e potente si fa carico delle nostre personali inquietudini, si aggiunge con autorevolezza e competenza alle tante riflessioni sulla società contemporanea e sul nostro futuro, compone un quadro coerente con elementi ancora disgiunti, tracciando una linea scentificamente corretta, e da molte voci condivisa, tra la distruttività del potere e la questione di genere, tra la società delle origini e il mondo in cui viviamo oggi. 

L’umanità vive in un perenne stato di guerra e di crisi: abbattiamo sistemi dittatoriali e liberticidi per generarne altri, il benessere materiale di pochi è necessariamente la miseria di tanti, le gerarchie si costituiscono sul dominio e non sulla responsabilità e ancora a molta parte del genere femminile nel mondo non sono dati i più elementari diritti civili. Senza quasi rendercene conto continuiamo a trattare la vita come una battaglia perpetua dove chi vince ha ragione e il conflitto è ancora ridicolmente assunto a principio evolutivo.

Molti sono stati gli uomini e le donne coraggiosi che hanno posto al centro l’essere umano e  dichiarato l’aspirazione a comporre società più giuste e pacifiche... li abbiamo ammirati e chiamati utopisti. Porre la nostra attenzione sull’origine delle società umane, sul modello sociale della “partnership” che ha dato origine alla civiltà stessa perchèponeva al centro le madri tanto quanto i padri, ci può nutrire di nuova forza per intravedere un futuro diverso. Quello che noi chiamiamo “utopia” è invece una realtà: è già esistita e ne abbiamo le prove.

Medea di Christa Wolf dunque è un balsamo per l’angoscia che da sempre ci accompagna: per salvarci non dobbiamo muoverci verso l’ignoto, ma immaginare il luogo da dove noi tutti siamo venuti e cercare la via del ritorno.

Christa Wolf, ci racconta di come la nostra “città” abbia fondamento su un terribile misfatto: il sacrificio dei figli, la violenta espulsione delle nostre antenate dai ruoli di guida delle comunità e la consegna dei nostri destini nelle mani di una ristretta leadership maschile. La stessa leadership che commissionò ad Euripide la riscrittura del mito di Medea. Le tracce pre-euripidee del mito non raccontano dell’infanticidio da parte della madre, semmai l’uccisione dei bambini da parte della città. Al grande poeta dunque il compito di ribaltare la storia per assolvere la città e degradare la figura autorevole della principessa straniera al rango di primitiva, irrazionale e sanguinaria. Un mito fatto su misura per giustificare un sistema di potere sempre più androcratico e patrifocale. Una straordinaria, perché poetica, opera di “cosmesi di Stato”.

 

Medea di Christa Wolf prende forma dalle tracce pre-euripidee del mito e trova perfetta corrispondenza nelle scoperte scientifiche riguardo le origini delle comunità umane dell’Antica Europa: essa, Medea, è figlia di una società “primitiva” in quanto matrifocale, è donna di medicina e autorevole guida di un piccolo popolo esule. 

Wolf colloca il mito di Medea in quel momento tragico di svolta della storia umana: quando Dio, che in origine era una femmina, ha cambiato genere, quando le società umane, rette dalle madri assieme ai loro fratelli, furono travolte e sovvertite dall’irrefrenabile violenza dei padri. Ecco che si impose un modello culturale fondato sul conflitto e assicurato da un uso del mito, e delle religioni, che avrebbe legittimato le nuove norme sociali. Si tratta di un modello culturale che ancora oggi noi percepiamo come l’unico possibile, nonostante non sia in grado di assicurare pace e benessere e ci stia conducendo rapidamente all’autodistruzione.

“Cosa vanno dicendo. Che io, Medea, avrei ammazzato i miei figli. Che mi sarei voluta vendicare dell’infedele Giasone. Chi potrebbe mai crederci…?”

Per nostra fortuna l’arte arriva là dove il pensiero scientifico non può spingersi: ci tocca nel profondo, fa appello alla nostra intelligenza emotiva, ad una memoria antica custodita nel nostro inconscio, ad un senso di verità e di giustizia legato alla condizione biologica di essere umani. 

Cara Medea, noi non abbiamo mai creduto che tu, proprio tu, avessi ucciso i tuoi stessi bambini. Comprendere il tuo ruolo di capro espiatorio oggi è un dovuto tributo ad una verità mutilata e offesa, è dare spazio al nostro diritto di cantare l’orrore, cantare il ricordo della madre, cantare il ricordo di quella prima patria che è stata culla di ogni civiltà. Cantare per richiamare dal nostro più antico passato il futuro che abbiamo sempre desiderato...