La Base

La base nologo A3

un laboratorio ideato e condotto da Giuliana Musso
di e con Marco Artusi, Chiara Benedetti, Evarossella Biolo, Chiara Dall’Osto, Giuliana Musso, Anna Novello, Paolo Piludu, Martina Pittarello, Beatrice Sarosiek, Arianna Sinigaglia, Claudia Stefani 
testi a cura di Giuliana Musso.
produzione La Corte Ospitale

"…il destino di una piccola città italiana si lega agli eventi della politica mondiale, il futuro di una comunità dipende dal passato di una nazione e la purezza di una falda acquifera diventa segreto militare".
Esito del Laboratorio sul Teatro d’Indagine per Giovani a Teatro, Fondazione Venezia. 14 Aprile 2012

 

Quanto pesa un metro cubo di cemento?
Mi piacerebbe fosse questa la prima battuta del nostro racconto corale.
Perché è un gesto di affetto, una citazione. Vajont di marco Paolini. Lo ricordate? Iniziava con la stessa battuta… Quanto pesa un metro cubo di acqua? Vi ricordate quella storia? Alla fine degli anni cinquanta la SADE costruisce una diga immensa in una valle scarsamente abitata. Dopo i primi invasi la montagna comincia a muoversi. Tina Merlin, una giornalista locale, comunista, raccoglie le testimonianze dei montanari, le loro paure, scrive articoli sulla pericolosità della grande opera. E’ l’unica a dare voce alla popolazione, a sollevare seri dubbi sulla sicurezza. Viene denunciata dalla sade. Assolta. Ma la diga va su, va su l’acqua, crolla la montagna, muoiono circa duemila persone.
Esattamente due anni fa qui a vicenza quando ho cominciato a fare le prime interviste su questa base, sulla battaglia contro la sua costruzione, nelle donne e negli uomini che incontravo, nelle loro parole, nella loro passione, ho rivisto tante Tina Merlin. E ho immaginato un Paolini raccontare vajont prima del disastro, lì nel 60, all’ombra della diga che veniva su. E ho capito che in quella circostanza forse il vajont non sarebbe stato un grande spettacolo teatrale… perché infondo il teatro di narrazione non sa camminare al nostro fianco, il teatro ci aspetta sempre alla fine del viaggio. E’ così. Si chiama anche teatro della memoria perchè raccoglie la storia quando già si è compiuta.
L’idea di raccontare la base mentre la stanno costruendo è un’idea teatralmente fallimentare. Non è storia, è cronaca. E poi manca il morto, i lutti, la tragedia… dove sta il climax drammatico, la catarsi? Non c’è.
E la mia conclusione è che se il teatro non si addice alla cronaca, ne faremo a meno. Con l’auspicio che fra trentanni o quarant’anni però la base di vicenza non sia il soggetto di un altro bellissimo e allora sì dolorosissimo testo teatrale.

Giuliana Musso